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AVVENTO 2020

Due parole affiorano dal cuore in questo tempo particolarmente complesso: speranza e prossimità. I tempi dell’Avvento e del Natale segnano l’inizio di un nuovo anno liturgico. Come andrà? Cosa aspettiamo? Mentre le nostre parole restano incerte e mute, la Parola di Dio in questo tempo annuncia e celebra la speranza: il Padre, nel mistero dell’Incarnazione del Figlio, si rivela volto compassionevole dell’Amore e, fedele alla sua promessa, si fa prossimo all’umanità ferita, stanca e sofferente.

La storia ci ha messi di fronte alla prova impegnativa di un’emergenza sanitaria che non sta risparmiando nessuno, chi direttamente e chi indirettamente. Il cuore è stretto dalla paura, le relazioni sembrano sospese come molte delle attività. Se pur immersi in questa situazione inedita, non vogliamo chiuderci all’inedito di Dio. Anzi, desideriamo aprirci a Lui, e ad ogni uomo e donna. Al Padre affidiamo la tessitura misteriosa dei nostri giorni e da Lui accogliamo nella fede, come trama di luce, il dono del Figlio Gesù, «speranza sempre invocata e sempre attesa». Nel prossimo gustiamo la bellezza della fraternità. Lo Spirito Santo ci doni il calore della condivisione e il profumo della carità che non è venuta meno in questo tempo; per essa rendiamo grazie.

Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti” (54) ha scritto «Malgrado queste dense ombre, che non vanno ignorate, … desidero dare voce a tanti percorsi di speranza. Dio infatti continua a seminare nell’umanità semi di bene. La recente pandemia ci ha permesso di recuperare e apprezzare tanti compagni e compagne di viaggio che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. Siamo stati capaci di riconoscere che le nostre vite sono intrecciate e sostenute da persone ordinarie che, senza dubbio, hanno scritto gli avvenimenti decisivi della nostra storia condivisa: medici, infermieri e infermiere, farmacisti, addetti ai supermercati, personale delle pulizie, badanti, trasportatori, uomini e donne che lavorano per fornire servizi essenziali e sicurezza, volontari, sacerdoti, religiose, … hanno capito che nessuno si salva da solo».

La speranza cristiana ci invita a non guardare alla storia in maniera fatalistica, perché le sue radici sono nel cuore stesso di Dio. Essa, invece, chiede di vivere il nostro impegno nel mondo con coraggio e con fiducia. Allora non solo il tempo nuovo sarà spazio di speranza, ma noi stessi saremo uomini e donne di speranza. In Avvento preghiamo affermando che il nostro tempo è quello nel quale «osiamo sperare vigilanti nell’attesa» (Messale Romano III, Prefazio dell’Avvento I, p. 328). Vogliamo davvero «osare sperare» e guardare al futuro con fiducia nella consapevolezza che la nostra vita già appartiene a Dio, «che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva» (cfr. 1Pt 1,3). Nella situazione di desolazione e sconforto, il Natale di Cristo, che ha assunto tutta la nostra umanità, ci apre alla speranza non solo di poter ricevere un supplemento di vita ma una nuova Vita.

Riceviamo con gioia questo sussidio liturgico-pastorale. Oltre ad offrirci un’occasione di riflessione, vuole, con discrezione e sobrietà, accompagnare la preghiera della comunità ecclesiale, nel desiderio di potersi trovare riunita a celebrare. Si vuole altresì accompagnare la preghiera in casa, sostenendo la fede delle nostre famiglie e nutrendo la carità come espressione conseguente e spontanea di una vita nutrita dalla Parola e dal Pane di Vita.

Esortati da papa Francesco, in piena comunione con lui e con tutta la Chiesa, «Camminiamo nella speranza». (Fratelli tutti, 55).

+ Stefano Russo
Segretario Generale
della Conferenza Episcopale Italiana


I DOMENICA di AVVENTO – domenica 29 novembre 2020

E’ tempo di stare svegli, di vigilare

La giornata come la vita è scandita da quattro momenti:

ALBA – quando canta il gallo (l’infanzia vigile nella preghiera)

MATTINA –  (l’età adulta vigile nell’impegno del lavoro, il costruire la casa),

TRAMONTO – che annuncia la sera (la maturità, vigile nella riflessione alla luce della parola di Dio)

MEZZANOTTE (la vecchia vigile nell’attesa e nell’aprire la porta alla venuta e alla volontà del Signore).

Non si deve mai smettere di VIGILARE “Vigilate sempre nella preghiera, nel lavoro, nella riflessione e nell’ultima fase della vita”.

QUELLO CHE DICO A VOI, LO DICO A TUTTI: VEGLIATE!

«Fate attenzione, vegliate» è l’invito con cui si apre questo tempo di Avvento (Vangelo). E significa tener viva in cuor nostro l’attesa della venuta nella gloria di Gesù; non perdere mai di vista quest’orizzonte di luce, questo traguardo di gloria, sapendo che in Gesù, e solo in lui, è la speranza dell’umanità. E questo ci evita di cadere nelle trappole dei falsi cristi e dei falsi profeti che sorgono e fanno segni e prodigi per ingannare, se possibile, gli eletti. Più che mai, ci affidiamo a Gesù che ci renderà saldi sino alla fine. Davvero degno di fede è il Padre dal quale siamo stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo (II Lettura)! E a lui ci rivolgiamo con la bellissima preghiera del profeta Isaìa, non temendo di gridare: Signore siamo stati ribelli, il nostro cuore si è indurito, squarcia i cieli e scendi! Plasma l’argilla che noi siamo e fa’ di noi tutti insieme il capolavoro d’amore che da sempre desideri! Che non ci sia più nessuno che si risvegli senza stringersi a te (I Lettura). Questo Avvento ci dia la grazia di vivere un profondo rinnovamento interiore; la nostra vita sia trasformata dal Cristo che viene.

Antoine-Emmanuel, Frat. Monast. di Gerusalemme, Firenze

Meditiamo insieme

Chi è il vigilante? “La persona vigilante è quella che accoglie l’invito a vegliare, cioè a non lasciarsi sopraffare dal sonno dello scoraggiamento, della mancanza di speranza, della delusione; e nello stesso tempo respinge la sollecitazione delle tante vanità di cui trabocca il mondo e dietro alle quali, a volte, si sacrificano tempo e serenità personale e familiare”. “Essere attenti e vigilanti sono i presupposti per non continuare a vagare lontano dalle vie del Signore, smarriti nei nostri peccati e nelle nostre infedeltà; sono le condizioni per permettere a Dio di irrompere nella nostra esistenza, per restituirle significato e valore con la sua presenza piena di bontà e di tenerezza.

(papa Francesco, Angelus 3 dicembre 2017)


II DOMENICA di AVVENTO – domenica 6 dicembre 2020

E’ tempo di preparare la strada

Il libro della Bibbia è aperto (diviso),

tra il VECCHIO TESTAMENTO (pagina di sinistra) dove la mano del Profeta Isaia traccia la venuta del Battista,

e il NUOVO TESTAMENTO (pagina di destra) dove l’evangelista Marco inizia il Vangelo parlando di Giovanni Battista che, sulle rive del fiume Giordano, prepara la strada preannunciando la venuta del Salvatore e invitando gli accorsi al pentimento.

 

PREPARIAMO LE VIE DEL SIGNORE CHE VIENE

Chi tra di noi ascolterà Giovanni Battista e farà vere e proprie scelte di conversione? Ricordandoci che la conversione non è farci santi con la nostra bravura, bensì orientare la nostra vita verso la misericordia divina che sta per manifestarsi, volgerci verso l’Amore che viene a salvarci! Si tratta di preparare – insieme – la via del Signore, di togliere tutti gli ostacoli, in noi e tra noi, che impediscono alla tenerezza divina di raggiungerci (I Lettura e Vangelo). Allora potrà manifestarsi il “battesimo di fuoco”; il fuoco dell’Amore che consuma il non-amore tra noi, e fa ardere i nostri cuori. L’Avvento ci chiama alla conversione del cuore, così da affrettare la venuta del giorno del Signore. Dobbiamo prepararci insieme, perché verranno nuovi cieli e una terra nuova nei quali la giustizia – e solo essa – abiterà (II Lettura). Dobbiamo prepararvi il mondo intorno a noi: Dio vuole che nessuno si perda, ma questo dipende anche dalla nostra testimonianza! La tua vita farà intravedere agli altri la bellezza della speranza? Coraggio! È la tua missione!

Antoine-Emmanuel, Frat. Monast. di Gerusalemme, Firenze

Meditiamo insieme 

Domenica scorsa abbiamo iniziato l’Avvento con l’invito a vigilare; oggi, seconda domenica di questo tempo di preparazione al Natale, la liturgia ce ne indica i contenuti propri: è un tempo per riconoscere i vuoti da colmare nella nostra vita, per spianare le asperità dell’orgoglio e fare spazio a Gesù che viene. Il profeta Isaia si rivolge al popolo annunciando la fine dell’esilio in Babilonia e il ritorno a Gerusalemme. Egli profetizza: «Una voce grida: “Nel deserto preparate la via al Signore […]. Ogni valle sia innalzata”». Le valli da innalzare rappresentano tutti i vuoti del nostro comportamento davanti a Dio, tutti i nostri peccati di omissione. Un vuoto nella nostra vita può essere il fatto che non preghiamo o preghiamo poco. L’Avvento è allora il momento favorevole per pregare con più intensità, per riservare alla vita spirituale il posto importante che le spetta. Un altro vuoto potrebbe essere la mancanza di carità verso il prossimo, soprattutto verso le persone più bisognose di aiuto non solo materiale, ma anche spirituale. Siamo chiamati ad essere più attenti alle necessità degli altri, più vicini. Come Giovanni Battista, in questo modo possiamo aprire strade di speranza nel deserto dei cuori aridi di tante persone.

(papa Francesco, Angelus, 10 dicembre 2017)


III DOMENICA di AVVENTO – domenica 13 dicembre 2020

E’ tempo di gioire

Sulla riva del fiume Giordano il Battista indica la vera luce che è Cristo che battezzerà nello spirito riflesso nelle acque.

VIENI SIGNORE GESÙ, TU SEI LA GIOIA DEL MONDO

Il Vangelo è chiaro: Giovanni Battista non è il Cristo, e il battesimo di Giovanni non è il battesimo di Gesù. Altro è colui che predica la conversione, altro è colui che offre al mondo la misericordia divina. Anzi, Gesù, venendo in mezzo a noi, è la misericordia divina in persona. Perciò è lui la luce del mondo! Quando le forze e l’oscurità del male ci sommergono, lui non ci abbandona mai. E, come scrive il profeta Isaìa, possiamo esultare nel profondo dell’anima, perché «il Signore fa germogliare» nel mondo di oggi – che ne ha tanto bisogno – i propri semi di giustizia e di lode (I Lettura). Esultare, «essere sempre lieti», è possibile? Sì, ci risponde Paolo, perché degno di fede è colui che ancora oggi ci chiama (II Lettura). Ma si tratta di una gioia “nel Signore”, e di una gioia inseparabile dalla preghiera. È la gioia che chiediamo per il mondo intero. È la gioia che porteremo noi stessi agli altri, se ci lasciamo convertire e consacrare dallo Spirito Santo.

Antoine-Emmanuel, Frat. Monast. di Gerusalemme, Firenze

Meditiamo insieme 

Già da due settimane il Tempo di Avvento ci ha invitato alla vigilanza spirituale per preparare la strada al Signore che viene. In questa terza domenica la liturgia ci propone un altro atteggiamento interiore con cui vivere questa attesa del Signore, cioè la gioia. La gioia di Gesù, come dice quel cartello: “Con Gesù la gioia è di casa”. Ecco, ci propone la gioia di Gesù! Il cuore dell’uomo desidera la gioia. Tutti desideriamo la gioia, ogni famiglia, ogni popolo aspira alla felicità. Ma qual è la gioia che il cristiano è chiamato a vivere e a testimoniare? E’ quella che viene dalla vicinanza di Dio, dalla sua presenza nella nostra vita. Da quando Gesù è entrato nella storia, con la sua nascita a Betlemme, l’umanità ha ricevuto il germe del Regno di Dio, come un terreno che riceve il seme, promessa del futuro raccolto. Non occorre più cercare altrove! Gesù è venuto a portare la gioia a tutti e per sempre. Non si tratta di una gioia soltanto sperata o rinviata al paradiso: qui sulla terra siamo tristi ma in paradiso saremo gioiosi. No! Non è questa ma una gioia già reale e sperimentabile ora, perché Gesù stesso è la nostra gioia, e con Gesù la gioia di casa, come dice quel vostro cartello: con Gesù la gioia è di casa. Tutti, diciamolo: “Con Gesù la gioia è di casa”.

(papa Francesco, Angelus, 14 dicembre 2014)


IV DOMENICA di AVVENTO – domenica 20 dicembre 2020

E’ tempo di aprirsi al futuro

L’attesa (clessidra) è finita, Giuseppe della casa di Davide (stella) prenderà in sposa Maria. Un Angelo (ala) annuncia alla Vergine che il figlio che concepirà sarà chiamato figlio dell’altissimo e siederà sul trono di re Davide (corona). Il Bambino è il germoglio che spunta dalle radici di Jesse. Attraverso la stella (simbolo di Davide) si vuole valorizzare la profezia e la discendenza davidica di Gesù per parte di Giuseppe.

VIENI SIGNORE, PONI LA TUA DIMORA TRA NOI

San Paolo, scrivendo ai cristiani di Roma, annuncia che il mistero, «avvolto nel silenzio per i secoli eterni», si è ora manifestato (II Lettura). La promessa si compie nella storia. Nell’annuncio dell’angelo a Maria (Vangelo) si attua, infatti, ciò che Natan aveva profetizzato a Davide (I Lettura). Al suo re, che avrebbe voluto costruirgli una casa dove abitare, Dio capovolge la prospettiva: lui stesso – Dio – avrebbe donato a Davide e all’umanità tutta un discendente, nel quale e attraverso il quale avrebbe dimorato per sempre in mezzo al suo popolo. Non il tempio che Davide vorrebbe edificare, ma il Figlio di Dio che assume, attraverso Maria, la nostra carne, è il Dio-con-noi, cioè la vera dimora di Dio nella storia e tra gli uomini. Perché questa inaudita promessa si realizzi è però necessario il «Sì» docile di Maria, secondo la logica dell’alleanza: Dio opera gratuitamente a nostro vantaggio, ma suscitando e attendendo la risposta della nostra libertà. Per questo motivo anche san Paolo sottolinea la necessità che «tutte le genti giungano all’obbedienza della fede». È la fede di Maria, è la nostra fede, a diventare spazio aperto e disponibile nel quale Dio può operare le sue meraviglie.

Luca Fallica, Comunità Ss. Trinità di Dumenza

Meditiamo insieme 

Per celebrare in modo proficuo il Natale, siamo chiamati a soffermarci sui “luoghi” dello stupore. E quali sono questi luoghi dello stupore nella vita quotidiana? Sono tre. Il primo luogo è l’altro, nel quale riconoscere un fratello, perché da quando è accaduto il Natale di Gesù, ogni volto porta impresse le sembianze del Figlio di Dio. Soprattutto quando è il volto del povero, perché da povero Dio è entrato nel mondo e dai poveri, prima di tutto, si è lasciato avvicinare. Un altro luogo dello stupore – il secondo – in cui, se guardiamo con fede, proviamo proprio lo stupore è la storia. Tante volte crediamo di vederla per il verso giusto, e invece rischiamo di leggerla alla rovescia. […] Questo è il secondo stupore, lo stupore della storia. Un terzo luogo dello stupore è la Chiesa: guardarla con lo stupore della fede significa non limitarsi a considerarla soltanto come istituzione religiosa, che lo è; ma sentirla come una Madre che, pur tra macchie e rughe – ne abbiamo tante! – lascia trasparire i lineamenti della Sposa amata e purificata da Cristo Signore. […]. La Chiesa madre che sempre ha le porte spalancate e le braccia aperte per accogliere tutti. Anzi, la Chiesa madre che esce dalle proprie porte per cercare con sorriso di madre tutti i lontani e portarli alla misericordia di Dio. A Natale Dio ci dona tutto Sé stesso donando il suo Figlio, l’Unico, che è tutta la sua gioia. E solo con il cuore di Maria, l’umile e povera figlia di Sion, diventata Madre del Figlio dell’Altissimo, è possibile esultare e rallegrarsi per il grande dono di Dio e per la sua imprevedibile sorpresa. Ci aiuti Lei a percepire lo stupore – questi tre stupori l’altro, la storia e la Chiesa – per la nascita di Gesù, il dono dei doni, il regalo immeritato che ci porta la salvezza. L’incontro con Gesù farà sentire anche a noi questo grande stupore.

(papa Francesco, angelus IV Domenica di Avvento 2015)